Open The Gates // Umano Inumano Postumano

È domenica. Piove. Sì è anche ritirato Valentino Rossi. Insomma, il mood non è dei migliori. Per questo, sono qui per farvela prendere ancora peggio. No, scherzo, dai. Quello che intendevo dire, forse, è che è la situazione adatta per fermarsi un attimo a riflettere, ascoltando un po’ di musica e leggendo un libro.

Partiamo dai titoli, sennò non si capisce di cosa parlo: l’album è Open The Gates di Irreversible Entanglements.** È uscito venerdì ma nel marasma generale lo avevo un attimo dimenticato, quindi era il caso di rimediare. Il libro, invece, è Umano Inumano Postumano** di Marco Revelli, pubblicato nel mese di ottobre dello scorso anno e recuperato da me medesimo un paio di giorni fa, dopo aver passato ore a cercare qualcosa di nuovo da leggere che mi ispirasse davvero.

Perché ve ne parlo insieme? Questa è un’ottima domanda, Francesco; te lo spiego subito. Grazie, Francesco.

Allora, Open The Gates è il terzo album di Irreversible Entanglements ed è una esplorazione musicale, sonora e sensoriale del nostro mondo, della nostra società. È un dialogo fra il passato, il presente e il prossimo futuro: uno studio, per certi versi, dell’epoca che stiamo vivendo, quella del post-umano, che ci siamo trovati a fronteggiare in maniera consapevole - almeno alcuni di noi - a seguito della pandemia e degli eventi legati al movimento BLM.

Fenomeni, questi ultimi, che, seppur diversi, ci hanno portato a dover fronteggiare le storture del nostro tempo, mettendole in luce, insieme a coloro che hanno portato ad alimentarle.

Open The Gates è un inno, un’invocazione ad aprire quei cancelli, un grido che si alza per allontanarci dal sempre più grande distaccamento verso l’altro, quello diverso. A livello musicale siamo di fronte ad un disco jazz, un disco jazz di quelli storti e incazzati; ma anche cosmici. Basso e batteria tessono trame ritmiche incalzanti e toste; il sax, distorto, ci trasporta verso territori extra-umani mentre la voce, quasi a mo di dialogo ci riconduce bruscamente a territori e sensazioni umane ma anche inumane per i temi trattati.

Un disco jazz, insomma, ma anche punk, nei risultati: un inno alla rivoluzione, di fatto; suonato e orchestrato divinamente.

Il perché del libro, a questo punto, credo sarà più comprensibile. “Oggi l’Umano subisce una doppia frattura: l’irruzione dell’Inumano e l’emergere del Postumano sono i due fronti di una sfida mortale”, per citare il sottotitolo di Umano Inumano Postumano.

Nel corso delle 130 pagine, Revelli racconta e spiega il concetto di Umanità, dalle sue origini fino al ‘900, momento in cui avviene la frattura fra Umano e Inumano a seguito della seconda guerra mondiale e di Auschwitz. Questo, purtroppo, è un momento importante per la nostra storia, perché da allora la Disumanità intesa come In-umanità, entrerà definitivamente nella nostra vita, diventando la trama anche del nostro presente nel momento in cui, ad esempio, si chiudo di porti (o non si aprono i cancelli [gates]) e si decide - consciamente - di non salvare l’altro, andando contro all’elemento cardine del concetto di Umanità.

“Homo sum. Homini nihil a me alienum puto”, per citare Terenzio. Il legame, il rispetto, insomma, per l’altro in quanto simile a sé, della stessa natura, indipendentemente da tutto. Umano.

Da qui, dopo aver citato Un ballestero di Hyeronymus Bosch - vera rappresentazione grafica, a detta di Revelli, di ciò che l’uomo ha all’interno: dell’odio -, ci si sposta fra i secoli, passando per Hobbes e Nietszche e arrivando alla morte del prossimo. Inizia, quindi, una disamina della seconda metà del novecento fino ai giorni nostri, fra il capitalismo e l’egemonia dell’estraneità egoistica ed egocentrica, che ci porta alla seconda frattura: quella fra Umano e Postumano. Dove la tecnologia, costruita anche ad immagina dell’uomo, diventa sempre più imperante. Tanto da gestire, ormai, le nostre vite disegnando anche il nostro futuro.

Sono argomenti difficili, pesanti anche, ma fondamentali se vogliamo cogliere “il tratto universale di appartenenza alla medesima natura che accomuna gli uomini e di apprezzarne la convivenza”.

L’articolo lo trovate, insieme a tanti altri su SpinnIt - il [mio] podcast e magazine sulla musica. Quella bella.

È domenica, lo ripeto. Non potevate aspettarvi gli ABBA.

Peace!

© Francesco Proto2022