Songs to Sing When I'm Lonely // Note (ri)trovate

Disclaimer: Ho ritrovato questo flusso di coscienza poco cosciente, uno dei tanti, rovistando fra le note del Mac. Non è finito, almeno credo, visto che è passato tanto tempo e non sono lo stesso me di quel momento. Mi sembrava bello, comunque, condividerlo. Chissà come pensavo di proseguirlo… e chissà perché non l’ho mai pubblicato.

Quando parlo di musica qui [su SpinnIt ] faccio credere di essere uno che ascolta costantemente cose nuove: l’ultimo disco di qua, il singolo di là, il disco perduto di su e così via. La verità è che sono un sottone e ascolto sempre le stesse cose.

Ok, forse ho un po’ estremizzato il concetto. Diciamo che sono vere entrambe le cose, perché sicuramente ascolto e cerco di scoprire sempre musica nuova, ma è anche vero che vivo dei periodi di blackout cognitivo in cui ascolto - anzi, torno ad ascoltare - solo alcune cose in particolare.

Ci pensavo qualche giorno fa: la musica per me, fra le altre cose, è un bene rifugio. È come l’oro durante i periodi di crisi. Quando mi trovo in difficoltà, quando ho bisogno di staccare, di prendermi bene, ma anche di riflettere, di soffrire, di ricordare, ricorro alla musica. E il punto è che il più delle volte ricorro alle stesse canzoni.

Don’t get me wrong, non significa che adesso che ho 26 [27 ora…] anni, quando sono triste, ascolto le stesse cose che ascoltavo quando ero triste al liceo. Però, oggi come allora, quando sono triste ricorro a canzoni che conosco e che mi mandano certe vibrazioni.

Ne ho forse già parlato in puntata sul fatto che quando si tratta di musica prendo spesso delle fittonate clamorose. Così come ho anche parlato del fatto che ogni canzone manda una vibrazione diversa; e la sento, forte e chiaro, questa vibrazione specie in certi momenti. L’aveva detto anche Ricky Pal (Riccardo se ci leggi sappi che ti chiamiamo così qui a SpinnIt) che certe canzoni gli fanno scendere la lacrima.

Anche per me è così e non sono abbastanza alpha - né voglio esserlo - da dire il contrario.

Ma faccio qualche esempio concreto, altrimenti sembra di stare sempre a filosofeggiare, mentre invece si parla di quando ascolti - anzi, ri-ascolti - una canzone e ti viene la pelle d’oca.

Il 2020 è [stato] una prova di resistenza, ho letto su internet in qualche pagina che forse farei meglio a non dire di seguire, altrimenti non sembro più un illuminato della musica obscura [per chi, poi?] e già con questo articolo mi sto sputtanando parecchio. Comunque, dicevo, questo 2020 è [stato] una bella prova per tutti e, inutile negarlo, anche per me. Sono successe una serie di cose che mi hanno portato a pensare, pensare e pensare: più di quanto già non faccia; e chi mi conosce sa che penso sempre tanto. Il più delle volte questi pensieri, ad ogni modo, avevano un sottofondo; anzi, spesso era il sottofondo a portare a galla certi pensieri. Non solo, però, perché il sottofondo altrettanto spesso mi ha portato a vere e proprie epifanie.

Credo di aver fatto capire più volte quanto io possa essere basato per il grunge e in generale per gli anni 90. La musica di quegli anni, per qualche motivo che non ho ancora analizzato e che credo non analizzerò, mi capisce. O almeno, in questo momento della mia vita mi capisce. Perché non è sempre stato così, come dicevo. Ricordo ancora le giornate passate ad ascoltare i Pink Floyd mentre riflettevo sull’esistenza e su qualche ragazzetta perdendo tempo invece di fare le versioni di greco. Che tra l’altro non ho mai praticamente fatto, ma è un’altra storia.

Quindi, insomma, all’epoca i suoni immersivi e onirici di Echoes mi cullavano e aiutavano a smaltire le cose. Da qualche tempo a questa parte, invece, lo stesso effetto me lo fanno la voce graffiata di Chris Cornell, le urla di Kurt Cobain, le frasi che poi ti ci rivedi non si sa come mai dei Verdena le allitterazioni dei Marlene, le canzoni e le parole di John Frusciante che tre loro valgono più di 4 album dei RHCP; e, in generale, le chitarre distorte.

Durante i mesi estivi, quindi, mi sono dedicato ad esplorare il mio inner self in Calabria con tutti questi artisti nelle orecchie. Tra l’altro ascoltando gli album per intero visto che prima di andare al mare, dove la linea non prende, scaricavo oggi In Utero, ieri Verdena, domani To Record Only Water for Ten Days.

Tutte cose che ovviamente conosco fin troppo bene ma che con il mindset - devo smetterla con gli inglesismi - di questo periodo ho in realtà riscoperto. Ad esempio, una cosa che spesso capita con questi album del cuore è quella di cantare le canzoni, magari a memoria, ma senza prestare attenzione al testo. Riascoltarli over and over again - sì, non ho mantenuto la parola - invece mi ha permesso di concertarmi di volta in volta su un aspetto diverso.

Ad esempio non avevo mai fatto più di tanto caso a quanto molte canzoni dei Verdena (specie il primo album) fossero simili a quelle dei Marlene a livello musicale, né a quanto il buon Albe fosse poetico, amoroso e incazzato a modo suo:

è buio ormai non mi frega se piangi o no […] ora lo so non mi sento più bene da un po’, oh quello che fai non mi basta mai […] ovunque sei ci sei!

Giusto per citare la canzone di apertura . E mi fermo perché altrimenti finisco per scrivere tutti i testi dell’album.

Oppure non avevo mai fatto caso a quanto Frusciante riuscisse ad esprimere sé stesso e tutto ciò che può aver provato con una chitarra acustica e un ritornello cantato con le terze; perché è o non è il maestro dei cori?

Out of place in my own time, dreaming thinking that I’m dry […] Holding on to facts that will never be proven […] Faking an action cause no one is looking

Per non parlare poi di quanto la voce, indipendentemente dalle parole, di alcuni cantanti riesca a strappare certi feels solo con un urlo, ogni riferimento a Seattle è casuale.

Ecco tutto questo, generalmente, passava inosservato. Almeno così è per me. Posso ascoltare Spaceman 10 volte di fila senza pensarci e cantarla tutta, ma se la ascolto quella volta perché provo particolari sensazioni, quella sarà la volta più potente.

Sarà la volta in cui mi ricordo del perché ascolto proprio quelle canzoni e quegli artisti.

Quando ero più piccolo e avevo appena iniziato ad approfondire la filosofia ero incappato nel concetto di catarsi, una roba che mi aveva colpito così tanto da chiamare il mio gruppetto (oggi i Malva dell’ottimo Darione) La Catarsi. Ecco certi artisti hanno questa capacità o meglio hanno un potere catartico.

© Francesco Proto2022